Oggi, nel giorno del saluto di Venezia (e di tutta Italia) a Valeria Solesin, il quotidiano della sua città dedica un ricordo “napoletano” alla giovane dottoranda che due anni fa incontrò le nostre mamme.
Quando il giornalista veneto Paolo Navarro mi ha contattato perché come tanti sentiva il desiderio di conoscere meglio la vita e la personalità di questa sfortunata e straordinaria ragazza, mi è venuto in mente che anche io avrei voluto ascoltare il racconto di quegli incontri a cui non avevo potuto partecipare. E mi è venuto in mente anche che, attraverso le pagine di quel giornale, il nostro saluto sarebbe sicuramente arrivato alla famiglia e al compagno di Valeria, colui che l’aveva stretta a sé negli ultimi drammatici momenti. Perciò ho accettato con entusiasmo l’idea della “intervista alle intervistate”.
Leggendo i racconti di Elisabetta e Alessandra pian piano mi si è sovrapposta all’immagine angosciosa che si era fissata nella mente leggendo sui quotidiani i dettagli dei suoi ultimi momenti, l’immagine di una ragazza tostissima 🙂 pronta a andare a casa di perfette sconosciute (per di più… napoletane!! lei, veneta); ma anche una ragazza sensibile e disposta ad ascoltare “con delicatezza” (come scrive Alessandra) noi mamme imperfette, calandosi in un ruolo che non era (ancora) il suo (le mamme lavoratrici italiane… brrr tutto un programma!); ho capito meglio, insomma, anche la scelta di quel nome facebook che mi aveva contattato due anni fa: Valeria “Sole”.
Un Sole corredato dall’allegra foto-profilo di una ragazza che fa una capriola.
La voglio ricordare così. Una ragazza -tosta e sensibile- tra Venezia, Napoli e Parigi, in lotta per un mondo migliore per le donne. E che il suo “Allez les filles au travail! (Forza ragazze al lavoro)” sia l’auspicio di un cambiamento per le donne e per famiglie, perché secondo le parole di Valeria «in un contesto europeo in cui si promuove l’occupazione femminile non si possono ignorare le conseguenze dell’arrivo dei figli sull’attività professionale delle donne» ed è da auspicare «una maggiore condivisione delle responsabilità familiari e professionali tra le donne e gli uomini in entrambi i paesi».
Ecco l’articolo di oggi.
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(di Raffaele Rosa, da Il Gazzettino di Venezia, 24/11/2015)
Le mamme del blog di Napoli che parteciparono a una ricerca
«Ci fece riflettere sul nostro ruolo»
«Una ragazza molto disposta ad ascoltare, poco invadente ma tanto aperta al mondo e alle sue sfaccettature». Elisabetta è una mamma di due bambine. Abita a Napoli e due anni fa ha conosciuto Valeria Solesin durante un suo viaggio di ricerca nella città partenopea, scelta con Firenze e Venezia, per intervistare alcuni genitori disposti a raccontare la loro storia familiare in modo da fare una comparazione tra Francia e Italia su desiderio dei figli, maternità e conciliazione tra lavoro e famiglia. «Quando lessi, con altre mamme, la sua mail sul blog “Napoli per bambini” provai subito una certa simpatia per Valeria – racconta Elisabetta – Ero felice che ci avesse contattato per la sua ricerca perché anche io avevo compiuto il suo percorso di studi ed avevo fatto il dottorato a Parigi. Ricordo molto bene quella giornata, era il dicembre 2013. Lei venne a casa mia, incontrò me, mio marito e la mia primogenita che allora aveva un anno e mezzo. Un pomeriggio trascorso a parlare non solo del tema della ricerca ma anche di Parigi, della differenza tra il fare ricerca in Italia e in Francia, della gestione familiare e del ruolo di madre e padre». Di Valeria che ricordo le resta? «Una ragazza molto determinata, con nessun problema di relazionarsi, anzi, ha saputo subito creare un feeling perfetto grazie alla sua grande disponibilità, apertura, ma anche conoscenza. Quando ho visto la sua faccia al telegiornale mi è venuto un colpo al cuore. Una notizia agghiacciante che ha colpito tutte le mamme del nostro blog che l’avevano conosciuta. Ci è sembrato fosse morta una di noi, una come noi». Il blog Napoli per bambini nei giorni scorsi ha dedicato un post a Valeria con le testimonianze di altre mamme che l’avevano conosciuta quel giorno. «Poche domande e una gran voglia di ascoltare – scrive Alessandra -. Ci diede la possibilità di fermarci e riflettere su di noi, con una delicatezza straordinaria. La ricordiamo con affetto e gratitudine, pur sapendo che nessun ricordo e nessuna parola in questo momento possono alleviare il dolore dei suoi cari e dare un senso a quanto accaduto».